MATTEO COLLURA
PREFAZIONE A “LE STAGIONI E LA TERRA” DI FRANCESCO LANZA
«Infine esaudisce i desideri dell'avido contadino / il seminato che abbia sentito due volte il sole e i geli... » Luca Canali traduce proprio cosi, avido contadino, quel avari agricolae del libro primo delle Georgiche virgiliane. E ci pare intenda bene, il traduttore, perché al contadino - quello di una volta, quello che, nel bene e nel male, era protagonista dì una civiltà ormai scomparsa - si addice più l'avidità che l'avarizia. E avidità non per eccessivo, spropositato o appassionato desiderio, ma per dirla con il barone Serafino Amabile Guastella, per fame, per urgente bisogno, per sacrosanta necessità di compenso dopo tanto durissimo lavoro.
Il contadino è (era) avido per necessità; da
qui la sua chiusura al mondo esterno, il suo ridurre tutto entro l'orizzonte
familiare, la sua accettazione della vita come condanna che può avere un solo
riscatto: il lavoro fatto bene, il lavoro sudato. Lavoro sudato: sudare. Si
può dire che Francesco Lanza, nel suo Almanacco per il popolo siciliano, non abbia usato altra parola che sudare
per esprimere la fatica del villano, poiché la sua annata « comincia a
gennaio e finisce a dicembre », e non c'è mese che dia tregua, poiché « la
terra non si stanca, e sempre pretende ».
Così andavano le cose nel 1924, anno in cui il ventisettenne siciliano (della provincia di Enna) Francesco Lanza pubblicò il suo Almanacco; e cosi sarebbero andate per altri trenta-quarant'anni. Poi, scomparsi gli aratri a chiodo e gli animali da fatica, sarebbero scomparsi anche i villani, sostituiti dai nuovi contadini che usano tecnologie e affidano la loro uva da vino alle cantine sociali.
Personalmente ho un metro per misurare la
distanza che corre tra quei contadini
e questi; ed è l'opprimente fetore che mi avviluppa allorché, in
automobile, mi capita di percorrere un’ autostrada che
taglia la campagna. I poderi, ordinati e sommamente produttivi, trasudano
concimi chimici. Non c'è dubbio: la terra sa di altro, nell'odore, nel
sapore. Ma - bisogna riconoscerlo - altra vita è
quella del nuovo contadino, meno degradata, non più così soggetta alla violenza
della natura.
L'Almanacco di Francesco Lanza aveva scopi didattici, dovendo contribuire nelle intenzioni a combattere il diffuso analfabetismo del Mezzogiorno rurale di allora. E difatti brulica di consigli, norme, prescrizioni destinati a uomini che «per mietere a giugno devono sudare a gennaio ». Del resto, « la vicenda delle stagioni insegna qual è il destino dell'uomo ». Nessuna illusione. Lanza apre il suo Almanacco con una sentenza che non può avere appello: « Non t'aspettare dal nuovo anno grandi cose. Sarà del tutto eguale agli altri anni passati: tu bagnerai del tuo sudore la terra e ne avrai pane... » E vien da pensare al venditore di almanacchi del celebre Dialogo di Leopardi: «Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz'altri patti ».
Dunque, dall'Almanacco il villano deve trarre insegnamento, a volte perentorio («La quantità di frumento da seminare è di kg 180 per ogni ettaro; di fave, in misura siciliana, è di due salme per ogni salma di terreno »), a volte affettuosamente, ingenuamente paternalistico (« ... dove ancora il contadino non è stato sì previdente da introdurre le pigiatrici meccaniche nel palmento, tutti impiastricciati di mosto, i pigiatori ballano sull'uva... »). Altro che metanoli, atrazine ed estrogeni: un'altra epoca, un altro mondo. È per questo che /'Almanacco di Lanza ci giunge, oggi, come una popolaresca effemeride, quel tipo di pubblicazione che ai tempi dell'invenzione della stampa, assieme al libro delle preghiere, rappresentava l'unica lettura. E le xilografie di Remo Wolf, che opportunamente illustrano la presente ristampa, riescono a restituirci quegli odori, quei sapori della terra. Ed è significativo, oltre che suggestivo, l'incontro del siciliano Lanza con il trentino Wolf. Come a voler testimoniare - ammesso ve ne fosse bisogno - che il mondo dei villani ovunque brilla del loro sudore.
Da: Francesco Lanza “Le Stagioni e la terra” (riedizione de “L’Almanacco del Popolo siciliano”), Franco Sciardelli, Milano, 1991